Riflessioni sulla proposta per valorizzare le specificità e le identità locali
L’asse Piemonte-Liguria
di Gilberto Oneto
Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, lancia al collega ligure (e compagno) Burlando l’idea di unire le forze delle due regioni per affrontare assieme una serie di problemi comuni. Facciamo finta per un momento di non vedervi una sorta di risposta ulivista all’asse polista lombardo-veneto e proviamo ad esaminare serenamente la proposta. Alcune cose vere e condivisibili la signora Mercedes le ha dette: che le attuali regioni hanno dimensioni troppo limitate per affrontare taluni problemi e che perciò dispongono di un potere contrattuale insufficiente per trattare con lo Stato centrale. Quando lo diceva Miglio tutti hanno gridato allo scandalo: oggi la proposta trova spazio sui quotidiani dabbene. Si tratta di una considerazione che sta alla base del principio federalista e dell’equilibrio dei poteri. Progetto analogo era stato avanzato da Guido Fanti, allora presidente comunista dell’Emilia-Romagna, nel 1975. Fanti aveva proposto di collegare in un Lega del Po, o in una Lega Padana le cinque grandi regioni settentrionali.A dargli supporto scientifico era stato un comitato presieduto da Romano Prodi. Su quell’idea Fanti, sconfessato dal proprio partito, si è giocato la carriera. Prodi naturalmente no! Stiano attenti Bresso e Burlando, perchè di Prodi ce n’è uno solo. Meno entusiasmo creano alcuni riferimenti alla TAV e al progetto di riaccorpamento delle regioni proposto una quindicina d’anni fa dalla Fondazione Agnelli. I riassetti regionali studiati sulla base di istanze economiche sono una sciagura che ci perseguita da quando i giacobini si sono inventati la suddivisione del territorio in dipartimenti che non coincidono con le entità organiche, storiche e identitarie, ma che anzi, sono concepiti proprio per negarle. E da quando i signori Pietro Maestri e Cesare Correnti hanno disegnato a tavolino le attuali regioni sotto forma di accorpamenti di province per fini statistici. Così oggi l’Italia si trova divisa in venti regioni, che sono poco più che caselle su un tabellario dell’Istat, e sulle quali si dice di costruire una riforma federale dello Stato. Nello specifico le cose vanno meglio che nella quasi totalità dei casi perchè la Liguria è una regione coesa in termini culturali e identitari e il Piemonte può vantare un credibile passato storico. Vanno meno bene se si vanno a rivedere avvenimenti neppure troppo lontani nel tempo. Al Congresso di Vienna i Savoia si erano “pappati” tutti i territori dell’antica Repubblica di Genova, in spregio a ogni legge internazionale e al diritto di autodeterminazione: Liguri e Sardi sono i soli che hanno conosciuto la gioia di diventare italiani senza neppure la parvenza di democrazia dei Plebisciti.L’annessione non era stata giustamente digerita dai Liguri che hanno reagito emigrando numerosi oltre Oceano e fornendo manodopera a tutti i movimenti repubblicani e antisabaudi, ma anche rimpinguando le file dei mazziniani e degli italianisti in una sorta di applicazione politica del “mal comune, mezzo gaudio”. Nel 1849 Genova, che si era ribellata ai sabaudo-piemontesi, è stata bombardata e saccheggiata dai bersaglieri del La Marmora, che ancora oggi non sono bene accolti in città. Naturalmente si tratta di vecchie storie che devono essere superate dalle nuove amicizie che vanno costruite per combattere il comune nemico del centralismo e dello statalismo italiano, anche se sia la Bresso che Burlando si farebbero deportare in Siberia piuttosto che ammettere una cosa del genere e passare per leghisti. In quest’ottica la proposta suona interessante. Se, come dicono, non è fatta per schiacciare ma per valorizzare le specificità e le identità locali, per costruire un embrione di patto federale, allora dovrebbero mandare un paio di semplici ma significativi segnali.Nelle more dell’accordo si preveda il passaggio, previo referendum, alla Liguria dei 35 comuni nella provincia di Alessandria e dei due di Cuneo, che sono liguri per storia, lingua e tradizione, e il passaggio del comune di Olivetta San Michele e della valle del Tanarello alla comunità brigasca del Piemonte. La Liguria, con un gran bel gesto, dovrebbe concedere uno statuto speciale a Seborga, e il Piemonte con grande civiltà riconoscere la specificità dei suoi territori insubri e lo status di comunità o provincia autonoma a Brigaschi, Occitani, Franco-provenzali e Walser, alla Valsesia e alla Val d’Ossola. Allora sì che non ci sarebbero dubbi sulle reali intenzioni autonomiste e federaliste del progetto di collaborazione sovraregionale: più libertà e meno TAV!Tratto da L'Opinione
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