lunedì 16 luglio 2007

Porti, così dilapidano la ricchezza


Gettiti fiscali a senso unico dalla Liguria a Roma. E il Nord Europa si beve il 70% delle merci

I soli porti liguri producono ogni anno quasi 4 miliardi di euro di gettito fiscale, l’equivalente di una media manovra finanziaria, con un incremento del 26,5% fra il 2005 e il 2006. Una quota consistente di questo gettito è assicurata dai terminal container: basti pensare che la sola entrata in servizio del terminal container di Vado produrrebbe per lo Stato un maggiore gettito per 546 milioni di euro. Per contro, risulta drammatico il bilancio dei danni prodotti dal dirottamento delle merci destinate al mercato italiano e sbarcate nei porti del nord Europa. A fronte di merci importate attraverso il sistema portuale ligure per un valore complessivo di 22,3 miliardi di euro (7,9 miliardi trasportati in container), risulta plausibile che circa il 70% delle merci destinate al nord Italia sbarchi in altri porti comunitari: la perdita di gettito all’agenzia delle dogane è stata di 570 milioni di euro, quella relativa alle tasse portuali di 143 milioni; mentre la perdita di gettito Iva oscilla tra i 4 e i 6 miliardi di euro all’anno. Sono solo alcuni dei particolari che emergono dal rapporto Certet Bocconi sui porti liguri commissionato dalle tre Authority presentato ieri a Milano. La ricerca evidenzia come da tempo i principali paesi europei abbiano dotato i loro porti di autonomia finanziaria, rovesciando l’approccio che tende a sopravvivere in Italia: i porti sono quindi una risorsa e non un costo. Nel 2005 ben il 48,7% della merce containerizzata importata dall’Italia è transitata dai porti liguri. Nello stesso anno, il valore del traffico containerizzato in ingresso nei porti di Genova, La Spezia e Savona è stato pari a 7,9 miliardi di euro. Un miliardo e mezzo di investimento in nuove infrastrutture portualiliguri produrrebbe un gettito annuale di 1,3 miliardi di euro, in termini di Iva e tasse portuali. Lo studio di Certet Bocconi, condotto dai professori Lanfranco Senne Oliviero Baccelli, ha quindi posto le premesse per una riflessione complessiva sul tema del finanziamento delle infrastrutture facendo emergere il ruolo dei porti come potenziale elemento di sviluppo anche delle infrastrutture logistiche (comprese quelle ferroviarie) ai porti interconnesse. Il volume totale delle merci importate attraverso il sistema ligure ha raggiunto nel 2006 il valore di 22 miliardi e 346 milioni di euro, garantendo un gettito fiscale di 3 miliardi e 954 milioni. E proprio queste risorse potrebbero essere la base di una nuova e più estesa autonomia finanziaria delle Autorità portuali (rappresentate a Milano dai tre presidenti Giovanni Novi di Genova, Cirillo Orlandi della Spezia e Rino Canavese di Savona), ma anche di un ripensamento del ruolo di sistema delle stesse Autorità portuali. Come ha ricordato ieri l’assessore regionale ligure ai Trasporti, Luigi Merlo, con un anno e mezzo di gettito fiscale dei porti liguri, sarebbe integralmente finanziato il Terzo Valico Genova Milano di cui la Regione ha ribadito la strategicità. «Farò avere il libro con questi dati a tutti i presidenti delle Regioni e alle commissioni trasporti di Camera e Senato - ha annunciato lo stesso Merlo - perché il dossier contiene dati che dovrebbero trovare accoglienza nella nuova legge di riforma del sistema portuale, che superi la 84 del 1994. Cosi come la portualità italiana ha avuto una prima rivoluzione negli anni Novanta con l’autonomia funzionale - ha aggiunto l’assessore Merlo - ora nuovo slancio può arrivare solo da una autonomia finanziaria. È chiaro che con un modello virtuoso i porti sarebbero in grado di finanziarie non solo le infrastrutture portuali ma anche quelle stradali e ferroviarie, come nel caso del Terzo Valico». Il problema è naturalmente politico e all’affermazione di una strategia comune della Liguria non contribuiscono certo i rapporti interni, piuttosto tesi in seguito alle polemiche esplose dopo la scelta di Novi di accettare una delle cinque vice presidenze di Assoporti. Federalismo contrapposto a centralismo. La strategia ligure è giustificata dai fatti: il sistema di tassazione italiano genera un gettito complessivo inferiore rispetto ai sistemi spagnolo e francese; alle Autorità portuali italiane spetta una quota ridotta del gettito complessivo, cosa che non avviene in Spagna e Francia. Il primo aspetto conferma l’inadeguatezza del sistema di tassazione attualmente in vigore nell’ordinamento italiano. Importi unitari dei diritti marittimi non aggiornati, unitamente ad uno sbilanciamento del sistema di tassazione verso i canoni demaniali, fa sì che il prelievo fiscale legato ai traffici marittimi sia limitato e inferiore rispetto alle altre realtà europee. Il secondo aspetto mette in evidenza un’ulteriore problematica dell’ordinamento italiano, vale a dire quella relativa alla ripartizione del gettito dei diritti marittimi tra Stato e Autorità Portuali. Ciò riduce drasticamente le risorse finanziarie a disposizione delle Autorità Portuali e rende queste ultime maggiormente dipendenti dai finanziamenti statali, ostacolando la programmabilità della gestione. La comparazione con le principali realtà a livello europeo, evidenziano come le Authority italiane siano dotate di risorse finanziarie inadeguate.

Secolo XIX

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